Riusciva a mettere poesia anche passeggiando per Bologna. Erauna persona perbene, soprattutto. Un grande artista, ma senza mai dare l’impressione di volare più alto degli altri
E’ morto per un attacco cardiaco, Lucio Dalla. Si trovava a Montreux, in Svizzera, per una serie di concerti programmati da tempo. Il 4 marzo avrebbe compiuto 69 anni.
Se n’è andato maledettamente in silenzio, Lucio. Ci piace immaginare che quando è arrivato quel dolore che ti frantuma il petto, si sia messo a mimare il suono del suo clarino, cosa che faceva come nessun altro sapeva fare. Ci piace immaginarlo come sabato, quando chi scrive lo ha incontrato in via D’Azeglio, dove la maggior parte dei bolognesi sapevano che prima o poi Lucio da solo, Lucio in compagnia, Lucio da solo, prima o poi avrebbe fatto capolino. Pronto ad abbracciarti, sommergerti di complimenti, ma se lo pensava realmente.
Ma più che sabato fu commovente alla presentazione ufficiale del Fatto Quotidiano in Emilia Romagna. Lucio disse che ci sarebbe stato e in Sala Borsa fu il primo ad arrivare. Dopo, al telefono, mi disse quasi sgridandomi, sempre con infinita dolcezza: “Smettetela di ringraziarmi, voi siete il mio giornale. Venire alla presentazione era il minimo che potessi fare”. Cosa che mezz’ora dopo ha ripetuto, questa volta via sms. “Siete il mio giornale”. Chi lo conosce sa che c’è da andarne fieri, perché dal punto di vista intellettuale a Lucio non la davi a bere. Conosceva la scrittura, imparata alla scuola del poeta Roversi che firmò con lui i primi album, conosceva la pittura, la musica, la letteratura. Un uomo curioso: così è sempre stato. Fin da piccolo, quando giocava a rimpiattino con gli amici che tiravano a sera con un tozzo di pane in una Bologna distrutta dai bombardamenti. E se gli andava di raccontarti quei giorni metteva a dura prova l’animo di chiunque, perché intingeva le parole nella poesia e ti faceva scorrere davanti immagini che non avresti mai visto. Come ha sempre fatto nelle sue canzoni.
Lucio, questa mattina, se n’è andato. Riesce difficile darsi delle spiegazioni, ma è successo. Ci ha lasciato Anna e Marco, ci ha lasciato Caruso, immenso capolavoro, i tour con De Gregori, ci ha lasciato l’ultima canzone regalata a un giovanotto all’ultimo festival di Sanremo. Ma come si fa a raccontare in poche righe il talento di Lucio Dalla? Ricordare una canzone, un’opera, o qualsiasi altra cosa con cui si sia cimentato, sarebbe fare un torto a quella successiva. Diciamo che ci lascia soprattutto un vuoto. Incolmabile, per aggiungere un pizzico di retorica, ma che a volte può essere efficace. Poi ci sono i momenti, ma non di quelli che hanno avuto la possibilità, o fortuna, di conoscerlo, ma quelli di tutti. Ci sono le vacanze passate ad ascoltare Futura, i primi baci sulle note di Piazza Grande, le fidanzate con Caruso, l’amore vero, quello dell’età adulta, con Cara. C’è sempre stato Lucio Dalla, come se fosse lì, accanto, con una voce che era solo sua, picchiate e glissati che sono prerogativa unica di chi ha talento da vendere.
Lucio Dalla, nato il 4 marzo del 1943, aveva una capacità innata di amare. Il carattere di uomo povero, nato povero, e rimasto tale anche quando la musica gli ha permesso di vivere da milionario. Passeggiare con lui a Bologna poteva diventare poesia, ma anche un tormento da quante persone lo fermavano e gli chiedevano un favore o un semplice abbraccio. Lui non si tirava indietro: è il prezzo della popolarità, diceva. In realtà lo faceva perché era rimasto come le migliaia di sconsciuti che lo fermavano, talvolta barboni, homeless, come si dice oggi. Gente senza arte né parte che gli altri non si girano neppure a guardare. Lucio no: si fermava, chiacchierava, e ai musici, gli orchestrali di piazza Maggiore, prometteva sfacelli, un concerto tutti insieme. Era fatto così.
E il più delle volte le manteneva quelle promesse. Ne sanno qualcosa i suoi colleghi che, per un verso o per un altro, a Lucio Dalla devono tutto. Ne sa qualcosa Francesco De Gregori. Erano i mesi che precedevano di Banana Repubblic. De Gregori aveva subito un ignobile processo proletario, due anni prima. Successe che al Pala Lido alcuni esponenti dell’Autonomia operaia interruppero un suo concerto. Lo inchiodarono alla sedia e lo processarono, per aver tradito il proletariato.
De Gregori sul palco non ci voleva tornare più e se non fosse stato per Dalla non ci sarebbe più tornato. Lucio lo costrinse. Ma non solo. In quello che Dalla aveva intuito che sarebbe stato un successo trascinò anche Rosalino Cellammare, che da lì in poi diventò Ron, fino agli Stadio, fino ad allora semi sconosciuti al grande pubblico. Fu un trionfo.
Ne sa, sempre in materia di riconoscenza nei confronti di Lucio, molto anche Gianni Morandi, amico e fratello, bolognese anche lui e tifoso del Bologna. Morandi viveva un periodo in cui non lo chiamava più nessuno, stava lontano dalla tv, era tornato a studiare musica al conservatorio. Fu Lucio ad andarlo a prendere a casa e portare in tourneé. Morandi tornò Morandi grazie a Dalla.
Qui ci fermiamo, rischieremmo di esagerare, anche se forse ne varrebbe la pena. Se n’è andato un grande musicista, un grande della canzone d’autore. Ma soprattutto se n’è andata una grande persona.
la foto è di Roberto Serra
Il post di Dalla per ilfattoquotidiano.it: “Sogno un futuro da baciare in bocca”
Ieri con questa mail a Marco Travaglio Lucio Dalla aveva inviato un primo post destinato a essere pubblicato oggi per l’inaugurazione del suo blog sul ilfattoquotidiano.it. Con il cuore gonfio di dolore pubblichiamo la mail e il testo dello scritto. Addio Lucio, ci mancherai davvero
LA MAIL A MARCO TRAVAGLIO
Caro Marco,
questo è un mio scritto che Marco ha letto in un liceo di Zurigo:
è rivolto a dei “giovani incomprensibili” come vestiti senza armadio
o passeri sotto la pioggia senza un filo dove appoggiarsi.
Io ho speranza e vorrei passargliene un po’ anche a loro,
avvertendoli dei piccoli pericoli mortali
che li circondano e che a volte nelle notti senza luna
puntano dritti verso il loro cuore.
mi verrebbe da parlare per dei mesi
di quello che ho visto e vedo
e sogno un futuro da baciare in bocca
ma a volte sembra che non solo la bocca ma anche il futuro non c’è!
Lucio
IL TESTO DEL SUO POST
Se vuoi un dito posso anche dartelo
Una mano mi farebbe dispiacere
Se vuoi un occhio mi dovresti dire perché
Una palla ne possiamo anche parlare
Dimmi invece tu cosa mi dai
Ammesso che io abbia da chiederti qualcosa
Se vuoi essere preciso dimmi chi sei
E chi ti ha mandato
Se la luna o la morte
Se tuo padre aveva le mani o i baffi al posto del cuore
O sei un’idea bislacca o un volatile malato
Se sei un computer stanco o una mela
Lasciata sul davanzale a marcire sotto il sole
Potrei tenere anche per te
Se non uscisse tanta merda dai tuoi pensieri
O sei un giovane da formare
Ché se è così io ti fermo lo sviluppo
O ti scanso quando passi
Fossi almeno una nuvola
che quando spingo un bottone piove
O sapessi fare il caffè anche bendato
Io so che ci sei ma non ti credo
Ché è più di mille anni che friggi la pelle dell’uomo
Sulla brace dei suoi morti
Che giri armato e hai le dita di veleno
Io ti spengo come faceva mio nonno con la candela
Prima di dormire
Io ti tengo lontano con gli antinebbia
Mia madre è una bandiera
E mio padre è il sangue dei morti per la patria