Il Sahara, tra le porzioni di pianeta più inospitali al mondo cambia aspetto e si trasforma da deserto a pianura verde e viceversa. Ebbene si, ogni 20.000 anni il suo aspetto cambia radicalmente. Lo indica l’analisi dei depositi delle polveri, che ha permesso di ricostruire la storia del clima in quest’area negli ultimi 240.000 anni.

L’ipotesi è che queste trasformazioni siano dovute ai cambiamenti dell’inclinazione dell’asse terrestre, che periodicamente modificano il modo in cui la Terra riceve i raggi del Sole. Pubblicato sulla rivista Science Advances, il risultato si deve ai ricercatori del Massachusetts Institute of Technology, (Mit).

La scoperta è importante “per comprendere la storia di questo deserto e in quali tempi è stato ospitale per l’uomo”, rileva David McGee, del Mit. Il Sahara non è stato sempre così desolato e arido. Pitture rupestri primitive e fossili scoperti indicano come questo deserto in passato sia stato un’oasi relativamente verdeggiante, dove prosperavano insediamenti umani.

Ma cosa regola questo cambiamento periodico? Le principali responsabili di questa oscillazione sarebbero le variazioni dell’inclinazione dell’asse terrestre, che a catena modificano il modo in cui la luce solare è distribuita sulla Terra. Quando quest’ultima aumenta, con un conseguente incremento di calore, i monsoni guadagnano intensità rendendo così l’area più umida e verde. Al contrario, se l’inclinazione dell’asse terrestre porta il nord Africa a ricevere meno luce i monsoni sono più deboli, generando così un clima più secco e arido.

Il modello proposto dal Mit rivoluziona quello diffuso in precedenza, secondo cui i cambiamenti climatici del Sahara sarebbero stati influenzati dalle ere glaciali a intervalli di circa 100.000 anni. David McGee del Mit spiega che pur sembrando “un territorio così impenetrabile e inospitale, il suo aspetto ha oscillato tra un ambiente umido con praterie a un clima secco molte volte”.