
La colite psicosomatica è una malattia diffusa e trasversale che oggi colpisce molte persone ed è diventata una delle protagoniste più importanti della nostra società. Ce ne parla lo psicologo Fabio Sinabaldi, esperto di psicosomatica (lo studio di come i fattori psicologici possano influenzare il benessere fisico) e di PNEI – Psiconeuroendocrinoimmunologia, che esplora le connessioni tra vari aspetti come la psicologia o le emozioni con la salute.
Dottor Sinibaldi quante persone, in Italia, soffrono di colite psicosomatica?
I dati che abbiamo ricevuto dalla Società Medica e dall’Istat indicano che circa il 15% della nostra popolazione ne soffre, soprattutto le donne, con un tasso di prevalenza massimo tra i 20 e i 50 anni.
Oltre a questi numeri, va notato che il 30% delle persone con colite inconsapevolmente subclinica e colon irritabile: condizioni in cui non si manifestano i sintomi classici – stiamo parlando di un terzo degli italiani.
Per il 15-20% della popolazione è la seconda causa di assenza dal lavoro, dopo l’influenza. Infine, dopo la richiesta di assistenza medica.
Si tratta di un nemico subdolo di cui molte persone non sono consapevoli, dato che meno del 25% dei malati si rivolge a uno specialista.
Che cos’è la colite?
Si tratta di un’infiammazione dell’intestino, in particolare del colon, che può manifestarsi in molti modi: sono comuni l’aumento della frequenza della minzione, il dolore alla schiena, la flatulenza e gli spasmi. Il gonfiore addominale può alternarsi a diarrea e costipazione.
Anche la tensione emotiva, i cambiamenti d’umore e il mal di testa possono comparire come sintomi di disturbi intestinali che il paziente difficilmente associa a una patologia intestinale.
Quali sono le cause?
Vale la pena notare che esiste una connessione tra stress, ansia, depressione e altri stati emotivi negativi da un lato e scelte di vita, tra cui lutti, separazioni e difficoltà economiche, dall’altro.
Ognuno di questi fattori – quelli appena citati – può alterare il microbioma intestinale.
In passato si parlava di flora batterica intestinale, anche se sarebbe stato più corretto chiamarla fauna, dato che si tratta di microbi e quindi di componenti viventi. Questi microrganismi svolgono un ruolo centrale nella produzione di numerosi neurotrasmettitori fondamentali per il benessere mentale e dunque la colite psicosomatica è sia causa che conseguenza dello stress che, insieme alla rabbia, altera le funzioni dell’intestino, facendolo lavorare più del dovuto e portando alla produzione di batteri neurotrasmettitori negativi. Per la PNEI, l’intestino è definito il secondo cervello.
Connessioni tra il cervello e l’intestino
Il sistema nervoso enterico, o secondo cervello, si trova a livello intestinale. È stato descritto come direttamente collegato al primo cervello attraverso il nervo vago; per questo motivo i ricercatori lo hanno chiamato “il secondo cervello”.
Le connessioni tra il cervello e l’intestino sono così strette e reciproche che si può affermare senza ombra di dubbio che quando uno è colpito, lo è anche l’altro.
Come comunicano?
I due cervelli hanno un dialogo complesso: si influenzano a vicenda e lavorano insieme. In parole povere, il primo cervello (quello cranico) può interferire con il normale funzionamento del secondo, alterandone i ritmi, e viceversa e attraverso queste influenze disturbare la peristalsi, la produzione di acidi, enzimi, ormoni, ecc. Ma è esattamente vero anche il contrario. Anzi basandosi sull’anatomia, quello in pancia (enterico) sviluppa delle connessioni, in maggior misura, verso quello centrale. E allora? Allora, eventuali disordini intestinali possono produrre effetti negativi su quello centrale.
Come arrivare a una soluzione
Ignorare la realtà a proprio danno è come lo struzzo che infila la testa nella sabbia. Per avere successo, dovreste affidarvi alla consulenza di un professionista piuttosto che accontentarvi di ricette fai date.
La regola aurea sta nel fare circolare dentro di sé il buonumore. Come riuscirci? Non è difficile. Alimentazione. Essenziale consultare uno specialista, non ci sono ricette valide per tutti.
Rielaborare. Concedersi la possibilità di rielaborare le grandi sofferenze emotive come il lutto, le separazioni, le difficoltà economiche. Movimento. Praticare, tutti i giorni, un esercizio moderato: può bastare una camminata a passo lesto – meglio nel verde – che incrementa il livello energetico e migliora l’umore.
Agenda e orologio. Serve a tenere sotto controllo gli alti e bassi dei propri livelli energetici. Così si riesce a verificare il proprio orologio interno: alla fine si inseriranno gli impegni più onerosi quando l’energia è alta, invece quando ci sono cali meglio una passeggiata.
Prendersi delle pause. Evitare turni di lavoro sfiancanti, cercando di staccare ogni tanto, con brevi pause. Osservarsi. Verificare l’effetto che hanno le attività di ogni giorno sull’umore.
Ascoltare la musica. Innalza l’energia e abbassa la tensione. Convivialità. Non ruminare sugli aspetti negativi della propria vita. Oltre allo psicoterapeuta, va bene frequentare le persone a noi più vicine parlando, senza vergognarsi, delle nostre difficoltà.
Meditazione. La meditazione innesca una zona del cervello sinistro (corteccia prefrontale) che infonde sensazioni di felicità, gioia, entusiasmo, voglia di vivere, energia. Sorridere. Sorridere con gli occhi e con la bocca dà al cervello una iniezione di fiducia e buonumore. interni.
Lo stiramento dell’addome
Fai 2 o 3 respiri lenti, quindi compi un’inspirazione più profonda. Appoggia le mani una sotto l’altra contro la parte bassa dell’addome, al di sotto dell’ombelico. Espira dalla bocca soffiando attraverso le labbra socchiuse, contando lentamente fino a sette. In questo modo puoi sentire l’espirazione partire direttamente dall’addome.